L’Intelligenza artificiale non sostituirà il lavoro degli psichiatri. Almeno non a breve. In caso di depressione, dipendenze o altri disturbi mentali, la macchina non è ancora in grado sostituire l’uomo. Non può fare una diagnosi o scegliere una terapia. Un tema che è emerso durante il congresso nazionale della Società Italiana di Psichiatria, che sta celebrando i suoi 150 anni al Palazzo della Gran Guardia di Verona.
Si fa infatti presto a dire “Dottor IA”, ma la verità è che oggi non esistono algoritmi di intelligenza artificiale che possono essere implementati nella pratica clinica. Hanno ancora troppi difetti che, di fatto, li rendono poco affidabili e potenzialmente pericolosi. “La ricerca sulle possibili applicazioni dell’Intelligenza artificiale in ambito sanitario non è mai stata così vivace come in questo momento – dice la presidente SIP, Liliana Dell’Osso – C’è in particolare un crescente interesse nel settore della salute mentale, nell’ambito del quale sono stati sviluppati e studiati numerosi algoritmi. È dunque facile lasciarsi trascinare dall’entusiasmo, ma c’è ancora molta strada da fare prima che queste tecnologie possano dare il loro contributo nella pratica clinica”.