La società è cambiata. La sfida è quella di integrare le diverse opportunità, tenendo sempre più forti i principi che hanno mosso Basaglia. E nessuno può dimenticare la lezione di Franco Basaglia. Anzi, oggi più che mai la sua lezione è il fondamento delle riforme sempre più necessarie nel campo della salute mentale, sia in ambito medico sia assistenziale.
In quasi 50 anni le società sono completamente diverse, sono plurali, multiculturali, e soprattutto molto più complesse e digitali, veloci, immediate e chiedono risposte altrettanto immediate. E sono «diverse» e più numerose anche le patologie psichiatriche, e poi c’è l’impatto devastante delle dipendenze (droghe intesta ma non solo, alcol, videogiochi, giochi, social…) che a volte è causa, altre concausa, altre volte ancora aggrava e comunque sempre complica la patologia psichiatrica e rende molto più difficile e complessa la terapia. Le cure sono diventate grazie alla ricerca molto più efficaci, soprattutto per il vasto campo delle psicosi.
La ricerca ha anche dato fondamento scientifico a quanto fino a qualche decennio fa era solo ipotizzato: cioè il fondamento biologico delle patologie mentale, ma anche l’influsso su di esso dell’ambiente. Mondo interno e mondo esterno, davvero due facce della stessa medaglia! Ora però assistiamo all’esplosione dei disturbi di personalità nei confronti dei quali le terapie farmacologiche danno un aiuto limitato e per le quali è necessario soprattutto un approccio relazionale multidisciplinare. Anche la lotta allo stigma ha portato migliaia di persone a raccontare delle loro malattie, rendendo la salute mentale un argomento popolare di cui si può parlare nella società e sui media.
Ma non ha contribuito alla lotta allo stigma l’identificazione con la patologia mentale di comportamenti criminali che niente hanno a che vedere con la patologia ma con la “antisocialità” e la cattiveria che c’è nel l’uomo. Quindi, di fronte a una società che è profondamente cambiata, in cui la tecnologia è sempre più protagonista e di fronte a un aumento vertiginoso delle nuove patologie psichiatriche e a un diverso modo di manifestazione delle patologie «tradizionali», una revisione degli strumenti è necessaria. Riattualizzare la lezione di Basaglia significa adeguarla a questo nuovo millennio, guardare al futuro e non al passato, significa uscire dall’alveo politico ristretto di alcuni fondamenti della sua legge, verso una condivisione più generale. Vuol dire, ma questo è ancora un auspicio, superare la contrapposizione ideologica che ha penalizzato la psichiatria, anteponendo lo sguardo ideologico agnello della realtà, creando contrapposizioni tra diversi modi di interpretare la malattia mentale e di dare ad essa un senso e una terapia.
La sfida sarà quindi quella di integrare le diverse opportunità, i diversi approcci, alla luce delle evidenze scientifiche e tenendo sempre più forti i principi che hanno mosso Basaglia: il rispetto della dignità e della libertà del singolo malato di mente che deve essere non emarginato ma aiutato dalla società, anche nel rispetto e nella accettazione della sua patologia. Però, e concordo con la preoccupazione espressa da molti, ci vogliono risorse straordinarie, risorse per strutture, per personale, per formazione, per strumenti riabilitativi e risocializzanti, per sostenere l’automia possibile raggiunta da ciascun paziente e per dare risposte serie e dignitose ai bisogni dei pazienti cronici.
Decenni fa fu individuato nel 5 per cento del Fondo Sanitario Nazionale, declinato poi nelle varie regioni, la percentuale idonea per la presa in cura dei pazienti psichiatrici. Osserviamo ora non solo una presa in cura dei pazienti a pelle di leopardo, ma ovunque carenza grave di risorse, che mediamente sono intorno al 2.9 per cento ben lontane dal 5 per cento previsto quando i bisogni erano per altro molto inferiori a quelli di oggi e all’10 per cento indicato dalla comunità europea.
Emi Bondi