Ormai i numeri lo certificano: in Italia la medicina è donna. In corsia, negli ambulatori e negli studi medici sono sempre più spesso le dottoresse a visitarci e curarci. Una vera e propria ‘onda rosa’, cresciuta negli ultimi anni e destinata ad allargarsi nei prossimi dieci anni. Ma attenzione: anche in sanità esiste il soffitto di cristallo, che appare decisamente più solido rispetto ad altre aree, per così dire contigue, come ad esempio il pharma.
Se infatti le donne medico sono il 53,5% del totale, in prevalenza under 45, solo il 17% occupa posizioni apicali. Guardiamo meglio qualche dato, anche alla luce delle tante storie che abbiamo raccolto in questi anni.
I dati elaborati in occasione dell’8 marzo, dal Ced della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo) segnalano come tra i medici iscritti agli albi, 416.088 al 16 gennaio scorso, la parità sembri lontana: gli uomini costituiscono il 53,5% del totale. Questo è però dovuto alla netta preponderanza dei dottori tra le generazioni con un’età anagrafica più alta: tra gli over 75, ad esempio, le donne medico sono solo il 16%, il 24% se consideriamo i medici con più di 70 anni. Ma si tratta di professionisti ormai in pensione.
Se invece analizziamo i 325.114 medici con meno di 70 anni, e quindi quasi sicuramente in attività, anche all’interno del Servizio sanitario nazionale, la situazione si ribalta: le donne, 171.645, sono appunto il 53% del totale. E il trend è in crescita: solo un anno fa erano il 52%. La percentuale aumenta ancora, se abbassiamo il limite dell’età: le donne sono il 59% tra gli under 55 e sfiorano il 60% tra i medici con meno di 50 anni.
Le donne medico sono poi la maggioranza schiacciante, il 63%, tra i 40 e i 50 anni, il 64% se restringiamo il campo tra i 40 e 44: quasi due su tre. Scendendo ancora, il gap si restringe: sotto i 40 anni le donne sono il 57,4%, rimanendo comunque la maggioranza anche nelle fasce più giovani. Tra i giovani medici, con meno di 30 anni, sono il 58%.
Un trend destinato a crescere nei prossimi dieci anni, quando andranno in pensione i dottori che oggi hanno tra i 55 e i 69 anni, tra i quali i medici donna costituiscono il 57% del totale, e verranno sostituiti dalle fasce con percentuali femminili ancora maggiori.
Tra i direttori di struttura complessa, solo il 17,2% è di sesso femminile (82.8% maschi), percentuale che sale al 34,7% (vs 63.3% maschi) per le struttura semplici, come puntualizza un report di Anaao Assomed.
Nell’area universitaria delle scienze mediche, le donne professore ordinario (nel 2020) ricoprono il 19,3% delle posizioni, le associate il 33% e le ricercatrici circa il 40-55%.
Quanto alle scuole di specializzazione (dati Conto annuale 2021), le donne sono presenti con varie percentuali in tutte, ma solo in 5 specialità sono al di sotto del 20%: medicina dello sport, cardiochirurgia, ortopedia, chirurgia maxillo-facciale e urologia.
Le specializzazioni più scelte dalle donne sono: neuropsichiatria infantile (75,9%), pediatria (71%), oncologia medica (62%), medicina fisica e riabilitazione (60,6%), genetica medica (60,2%), medicina di comunità e delle cure primarie (58,4%) anatomia patologica (57,8%), ematologia (57,8%), ginecologia ed ostetricia (56,8%).
Forte presenza femminile in alcune discipline, in particolare Genetica medica con il 66,8% e Scienza dell’alimentazione con il 64,6%, ma anche Neuropsichiatria infantile con l’80,1% e Pediatria con il 73,3%.
“Nel nostro Servizio sanitario nazionale – ha commentato il presidente dei medici, Filippo Anelli – le colleghe sono ormai la maggioranza, soprattutto nelle fasce di età dove va costruita la carriera e aumentano le responsabilità professionali e quelle familiari. I modelli organizzativi, gli orari di lavoro devono sempre più tener conto di questa realtà, valorizzando le professioniste e i professionisti, prevedendo modelli organizzativi che permettano a donne e uomini di conciliare i tempi di lavoro con quelli della vita privata e della famiglia e che tengano in debito conto, non facendole pesare sugli organici già ridotti, le possibili assenze per maternità. Occorre, infine, investire sulla sicurezza”.
Dal canto suo Sandra Morano, responsabile nazionale Area Formazione Femminile Anaao Assomed, segnala come dopo la pandemia “le mancate sostituzioni delle maternità all’interno del Ssn siano diventate una regola”, con “un clima organizzativo fatto di demansionamento e mobbing, fattori di frustrazione capaci di portare anche al suicidio. Fatti che si aggiungono tragicamente alle cronache in casi di violenza sui sanitari e che le statistiche riportano tra le donne medico con frequenza maggiore rispetto alla popolazione generale. Subiamo un sistema sanitario che si guarda bene dal predisporsi ad accogliere il soprasso di genere”.
Solo di recente la Società Italiana di Psichiatria ha portato alla presidenza due donne dopo 150 anni di gestione maschile. Emi Bondi (Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo) attualmente in carica in rappresentanza della psichiatria ospedaliera, e Liliana Dell’Osso (Università di Pisa) che subentrerà a fine maggio in rappresentanza della psichiatria universitaria.
Ebbene, dalla Sip segnalano come proprio le donne medico, in particolare le psichiatre, siano oggetto dei maggiori episodi di violenza di genere in ambito ospedaliero. Dall’omicidio di Barbara Capovani, all’ultimaaggressione all’Aquila ai danni della psichiatra Francesca Pacitti, i casi sono tantissimi, troppi. “Le donne stanno conquistando posizioni nelle professioni sanitarie e nella ricerca medica – dichiara Emi Bondi nel corso di una intervista rilasciata a PsychiatryOnLine – Ma la strada è lunghissima. Non sono fautrice del gender balance tout-court; tuttavia, ritengo necessario che siano offerte le stesse possibilità di carriera a entrambi i generi, secondo criteri di merito, non del sesso di appartenenza, né in senso di promozione o discriminatorio”.
Invece Anaao Assomed rivolge un appello alla presidente del Consiglio dei ministri, alle ministre e alle parlamentari affinché garantiscano un impegno concreto a sostegno di una parità nelle retribuzioni e nelle carriere realmente raggiungibile, di politiche a favore della conciliazione lavoro–famiglia, della flessibilità degli orari di lavoro, di nuovi modelli organizzativi in sanità.
Infine una curiosità. Abbiamo visto l’onda rosa fra i medici, ma gli odontoiatri sono invece (ancora) per la stragrande maggioranza uomini: il 71%, 45.553 unità, contro appena 18.881 professioniste. Ma attenzione, qualcosa sta cambiando: tra i 25 e i 29 anni abbiamo 1.447 gli uomini e 1.435 le donne.
9 marzo 2024 BY MARGHERITA LOPES
Link articolo: Donne in sanità, dove si infrange l’onda rosa (fortuneita.com)