Sono passati quasi 9 anni dall’apertura della prima REMS, e circa 10 dalla legge 81/14. La Corte Costituzionale, nel frattempo, ha rilevato gravi profili di incostituzionalità della normativa, tanto da sottolineare che il sistema andrebbe in teoria azzerato e rifondato. A protezione dei pazienti la Corte si è però limitata a ritenere necessaria una modifica sostanziale esprimendo questa posizione in termini di esclusivo indirizzo.
La situazione attuale preoccupa il mondo della psichiatria in primis, soprattutto dopo eventi drammatici come l’omicidio di Marta di Nardo per mano di Domenico Livrieri, nei confronti del quale il GIP aveva reiterato, invano, la richiesta di ricovero in REMS.
Cerchiamo di capire come affrontare la situazione.
In Italia vi sono circa 600 persone ricoverate in REMS e circa 700 persone in attesa di ricovero in REMS. Ciò significa che se domani raddoppiassero i posti disponibili vi sarebbe comunque ancora una lista d’attesa. Dunque, il vero problema, come in ogni altro ambito della sanità, resta l’appropriatezza degli invii alle REMS e la possibilità di correggere norme che contrastano con le conoscenze scientifiche e la pratica clinica.
L’Italia è forse l’unico Paese al mondo che riconosce l’infermità o la semiinfermità mentale a chi è affetto da disturbi della personalità, in particolare quello antisociale. La conseguenza di ciò è che il 30-40% degli ospiti REMS, cioè coloro che ha un disturbo antisociale, quasi sempre affiancato all’abuso di sostanze stupefacenti, non deve stare in una REMS perché non hanno necessità sanitarie ma solo di contenimento delle loro manifestazioni comportamentali violente. Violente verso gli operatori, le guardie giurate, gli altri pazienti più fragili, e diventano in poco tempo i ‘dominatori’ della struttura.
Se dal sistema REMS i disturbi antisociali fossero collocati in ambiente carcerario, con la dovuta assistenza psichiatrica intramuraria laddove necessario, come avviene in tutto il mondo, ridurremmo la popolazione REMS, tra lista d’attesa e ricoverati, di circa 400 persone.
Senza le persone ‘antisociali’ nelle strutture solo sanitarie, il personale non avrebbe più timore di andare a lavorare, mentre ora si assiste a una vera e propria fuga da queste strutture, intimoriti dalle continue aggressioni di questi utenti e dalla mancanza di adeguata protezione.
Una seconda iniziativa è quella di creare almeno una REMS in ogni Regione con i requisiti strutturali previsti dalla conferenza Stato-Regioni, e così vi sarebbero almeno altri 40 posti.
In ultimo, rafforzare i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) per consentire la presa in carico i pazienti che è possibile dimettere, e che da una recente ricerca (QUALE?) sono circa il 30%, ma che non trovano posto nelle comunità terapeutiche o non vi è personale sufficiente nei servizi territoriali per la presa in carico.
In sintesi sarebbe necessario avere:
1) reparti in ambito carcerario dotati di assistenza psichiatrica
per le persone con comportamenti antisociali
2) il rafforzamento del personale nei Dipartimenti di Salute Mentale;
3) Creazione di almeno una REMS per ogni Regione
Emi Bondi
Liliana Dell’Osso
Presidenti della Società Italiana di Psichiatria