La dipendenza è un vortice che risucchia. E nessuno si salva da solo. «Quando la ricerca della sostanza o del comportamento diventa incontrollabile, si ripete incessante e occupa buona parte dello spazio mentale sottraendo tempo e impegno verso il lavoro, la famiglia, gli amici e gli hobby, nonostante la persona sia consapevole della nocività di quel consumo o di quell’attività, bisogna chiedere aiuto ai Servizi di cura dedicati sul territorio. Più si tarda a farlo e più diventa difficile uscirne — dichiara Michele Sanza, direttore del Dipartimento di Salute mentale e dipendenze patologiche di Forlì-Cesena (Ausl Romagna) e copresidente della Società italiana di psichiatria delle dipendenze —. Purtroppo riusciamo a curare solo la punta dell’iceberg. È molto difficile intercettare chi potrebbe beneficiare del servizio. Pesa ancora lo stigma di essere additato come tossicodipendente. «Ma è importante far capire che la dipendenza da droga, alcol, gioco d’azzardo, internet, che oggi riguarda trasversalmente tutta la popolazione, di qualsiasi stato economico, sociale e culturale, e non solo gli emarginati, è un problema di salute come qualsiasi altro».
Appuntamenti gratuiti e anonimi
Ai Servizi per le dipendenze patologiche, conosciuti con l’acronimo Serd (o Sert, se mantengono la vecchia attribuzione di «Servizi per le tossicodipendenze»), si accede direttamente, cioè senza l’impegnativa del medico, senza lista di attesa. «Nel giro di 48-72 ore viene fissato il primo incontro», informa Sanza. E in modo totalmente gratuito, cioè senza pagare ticket, da lunedì a venerdì. Si prende appuntamento di persona, al telefono oppure anche via mail. «La persona può chiedere l’anonimato» ricorda Sanza. L’equipe è multidisciplinare ed è formata da psichiatra, tossicologo, psicoterapeuta, educatore, assistente sociale e infermiere. «Le dipendenze trattate sono quelle riconosciute dai Lea (i Livelli essenziali di assistenza coperti dal Ssn, ndr), ossia quelle da sostanze illegali, psicofarmaci, alcol, gioco d’azzardo, incluso quello online» spiega lo psichiatra. Esistono anche i centri antifumo per smettere di fumare, che possono afferire ai Serd o ad altre strutture sanitarie.
Le tappe
«C’è chi sceglie di farsi seguire da un professionista privato, psicoterapeuta o psichiatra, sottovalutando che il problema è complesso e va affrontato su più fronti, sanitario, psicologico e sociale, e il lavoro di un’equipe è necessario per una presa in carico globale, dalla diagnosi al reinserimento socio-lavorativo» osserva Sanza. La prima tappa del percorso è il colloquio di accoglienza, che serve a inquadrare la situazione. Il secondo appuntamento consiste nella visita medica. «Si prescrivono test tossicologici per rilevare le sostanze che la persona utilizza, test per l’Hiv e l’epatite C, esami del sangue per verificare la funzionalità del fegato, eventualmente un’ecografia all’addome, e si valutano le comorbilità fisiche e psichiche. Condizioni sempre più frequenti sono il disturbo depressivo, bipolare, borderline, talvolta psicotico. Se grave, la persona viene seguita in parallelo anche dal centro di salute mentale — continua Sanza —. Terminata la fase della diagnosi si definisce un progetto terapeutico riabilitativo individuale con i bisogni di cura e di assistenza».
Progetto completo di ritorno alla vita
A livello ambulatoriale sono offerti trattamenti farmacologici per controllare i sintomi di astinenza, trattamenti con psicofarmaci, percorsi di psicoterapia individuale e di gruppo, percorsi di psicoeducazione (per aiutare a prendere coscienza della condizione patologica e a gestire sintomi e stress), rivolti anche ai familiari, e gruppi di mutuo aiuto. Se è necessaria una riabilitazione più intensiva la persona viene indirizzata a un centro diurno, che propone interventi di psicoterapia e di supporto alle relazioni familiari, attività ricreative, di formazione lavorativa e arteterapia. «L’intervento sanitario può essere integrato con l’aiuto sociale, anche in collaborazione con il terzo settore. Nelle situazioni più fragili, infatti, non è sufficiente l’approccio farmacologico perché la dipendenza impatta su tutta la vita della persona — commenta Roberta Balestra, direttrice del Serd dell’azienda sanitaria di Trieste e vicepresidente di Federserd (la Federazione italiana degli operatori dei dipartimenti e servizi delle dipendenze) —. In questi casi si effettuano visite domiciliari, si accompagna la persona alle visite mediche, perché altrimenti da sola non ci andrebbe, o in Comune se ha bisogno di sbrigare delle pratiche, la si aiuta a gestire l’alloggio, si organizzano uscite di gruppo, al cinema, in pizzeria, a teatro, ai musei, e gite in montagna e al mare per reimparare a stare con gli altri e a godere delle cose che un tempo emozionavano».
Budget di salute
A sostegno del piano terapeutico individuale si può utilizzare il «budget di salute», uno strumento che integra le risorse del servizio sanitario con quelle dei servizi sociali e quelle dell’utente o della sua famiglia, per costruire un progetto personalizzato di rafforzamento dell’autonomia personale, che prevede il reinserimento nella vita di relazioni e nel lavoro, attraverso il coinvolgimento di associazioni e imprese del territorio. La persona partecipa direttamente alla definizione del percorso di riabilitazione che lo riguarda. «Lo scopo del budget di salute è mantenere la persona nel suo ambiente di vita, evitando l’istituzionalizzazione e il ricorso a prestazioni assistenzialiste meno efficaci» sottolinea Sanza. Tuttavia, l’adozione di questo strumento è ancora limitata a livello nazionale.
Un terzo dei pazienti ce la fa
Il trattamento residenziale in comunità, che di norma non supera i 24 mesi, è destinato ai casi più compromessi, quando la persona non è in grado di lavorare e di badare a sé stessa, agli affetti, alla casa. Mentre il ricovero ospedaliero di massimo 15 giorni è indicato per affrontare la fase acuta di disintossicazione per chi ne ha l’esigenza, prima di iniziare il percorso ambulatoriale. «Dove presenti, si può trascorrere un periodo di 3-6 mesi in strutture residenziali specifiche per la disintossicazione» aggiunge Sanza. Che puntualizza: «Alla base della dipendenza c’è un’alterazione neurobiologica che espone al rischio anche a distanza di molti anni dal superamento del problema. Il nostro obiettivo è prevenire le ricadute e migliorare il più possibile la qualità di vita della persona. Circa un terzo degli assistiti smette e recupera il controllo di sé, tornando ad avere una vita normale; la metà gode di remissioni prolungate, ha una vita discreta ma ogni tanto ricade; e un 20% cronicizza la dipendenza ma riduce il consumo o il gioco. Il percorso al Serd in media dura 5-7 anni per chi usa sostanze, 3 anni per uscire dal gioco d’azzardo e circa uno dall’alcol».
Chi chiede aiuto
Nel 2022, si legge nell’ultima relazione al Parlamento del Dipartimento per le politiche antidroga, le persone tossicodipendenti assistite dai Serd sono state 127.365 e per il 14% sono nuovi utenti. La maggior parte (l’85,5%) è di sesso maschile e gli under 25 rappresentano circa il 6% del totale (ma corrispondono a quasi il 20% tra i nuovi ingressi). Nelle attività dei Serd rientrano le iniziative di prevenzione contro le dipendenze, in scuole, incroci delle strade di spaccio, giardini pubblici, stazioni, locali notturni. «Un’equipe mobile raggiunge i gruppi più a rischio e fa educazione sulla gestione dell’overdose, consegnando i farmaci antagonisti dell’eroina, per ridurre i danni — racconta il direttore del Serd di Forlì-Cesena —. Gli operatori cercano di agganciare il sommerso, che altrimenti non si rivolgerebbe al Serd». Attraverso il progetto «Overnight» dell’Azienda sanitaria di Trieste nelle discoteche e ai concerti vengono distribuiti etiltest, buoni taxi, materiale informativo, e assicurati counseling e interventi di primo soccorso.
Prevenzione a scuola e consigli ai genitori
Un esempio di prevenzione a scuola è quello portato avanti dal dipartimento delle dipendenze dell’Asl di Caserta. Agli studenti sono proposti test di autoconsapevolezza e gruppi di discussione e presso 20 istituti secondari di secondo grado sono stati attivati dei centri di ascolto per intercettare precocemente gli adolescenti già implicati o a rischio di condotte additive. Un’altra iniziativa del Dipartimento è la «scuola per genitori»: «Organizziamo due gruppi al mese su temi ogni volta diversi, a cui possono partecipare anche i docenti. Spieghiamo, ad esempio, che cos’è il poliabuso di alcol, cannabis e pasticche, quali sono i rischi e come riconoscere i segnali di allarme — riferisce Lilia Nuzzolo, la direttrice —. Molti genitori tendono a “normalizzare” le bevute giovanili e il fatto che nei weekend il figlio possa dormire tutto il giorno, senza immaginare che di notte potrebbe aver assunto droghe. Oppure sono convinti che avendo tanti amici e non mancandogli nulla sia impossibile che cada in un brutto giro. Raccomando ai genitori di affidarsi agli esperti quando si accorgono che i figli hanno qualcosa che non va e non riescono a parlarne con loro».
Come trovare il servizio di cura più vicino a casa?
Il Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto superiore di sanità (Iss) ha realizzato piattaforme interattive dedicate alla dipendenza da fumo, da cibo, da internet e da gioco d’azzardo, con le mappe sui centri di aiuto a cui rivolgersi, materiale informativo e numeri verde che offrono ascolto e counseling: smettodifumare.iss.it (con test di conoscenza su tabacco e nicotina e sui rischi per la salute), piattaformadisturbialimentari.iss.it, dipendenzainternet.iss.it e usciredalgioco.iss.it (con test di autovalutazione). Per ogni centro selezionato si forniscono indirizzo, contatti, sito web, orari, responsabile, equipe, tipo di trattamenti offerti e modalità di accesso. L’elenco dei servizi per le dipendenze (Serd/Sert), distinti per regione, è disponibile invece sul portale del dipartimento per le politiche antidroga della presidenza del Consiglio dei ministri (www.politicheantidroga.gov.it).
Articolo di Chiara Daina per il Corriere della Sera