Articolo uscito su La Repubbica.
Spesso considerato ‘glamour’, associato a creatività, fantasia ed estro, da cui il fenomeno ‘I want to be bipolar’, praticamente uno ‘stigma al contrario’, il disturbo bipolare è in realtà una patologia severa e ricorrente, capace di compromettere la qualità della vita e la sfera psicosociale di chi ne soffre. Colpisce oggi ben oltre un milione di italiani, tra l’1 e il 2% della popolazione generale, con una prevalenza leggermente maggiore nelle donne e un esordio più frequente tra i 15 e i 30 anni. Ma si tratta di una sottostima, la punta di un iceberg di un disturbo complesso, i cui sintomi sono spesso simili a quelli di altri disturbi mentali, come la depressione e la schizofrenia. Non deve stupire, quindi, se diagnosi tardive o errate sono molto comuni: circa il 70 per cento delle persone affette ha ricevuto una diagnosi sbagliata e di queste il 30 per cento anche per più volte. Prima della diagnosi e dell’inizio della cura trascorrono in media circa otto anni dall’esordio.
La Giornata Mondiale sul Disturbo Bipolare
In occasione della Giornata Mondiale sul Disturbo Bipolare, che si tiene il 30 marzo, la Società Italiana di Psichiatria richiama l’attenzione sull’importanza della diagnosi precoce e della corretta gestione terapeutica, oltre che sulla necessità di abbattere lo stigma che ancora grava su questa malattia. “Si tratta di un disturbo che comporta compromissione significativa, talora estrema, non solo dell’umore, ma anche della sfera cognitiva, volitiva e neurovegetativa e che può avere un impatto importante, e in alcuni casi devastante, sulla vita quotidiana di chi ne soffre e delle persone a lui vicine – afferma la professoressa Liliana Dell’Osso, presidente della Società Italiana di Psichiatria –. Il disturbo bipolare è caratterizzato da episodi di mania o ipomania alternati a fasi di depressione, che possono inficiare la capacità di funzionare, la gestione delle emozioni e delle relazioni sociali. Nonostante l’ampia diffusione, il disturbo bipolare è spesso frainteso, e molte persone con questa condizione affrontano anche il peso dello stigma sociale”.
Lo stigma
Il disturbo bipolare, inoltre, espone chi ne soffre a rischi aggiuntivi, poiché spesso non viene correttamente riconosciuto e inquadrato, talora scambiato per un disturbo depressivo unipolare. “Fasi ipomaniacali più lievi possono infatti sfuggire alla raccolta anamnestica, perché il paziente – interpretandole come periodi di particolare benessere – non le riferisce non riconoscendone la natura patologica o non accettando la diagnosi di disturbo bipolare, che è associata in alcuni casi a uno stigma maggiore – precisa la presidente SIP –. Inoltre, in generale non dimentichiamo che i disturbi di cui può soffrire il cervello devono essere considerati con la massima attenzione, come per qualsiasi altro organo del nostro corpo: l’esito di un mancato trattamento può essere anche letale, in relazione al rischio suicidario”.