Le ricadute psicologiche di eventi traumatici possono essere trasmesse alle generazioni future. Fra gli afroamericani l’effetto di razzismo e oppressione ha prodotto bassa stima e «autostigma» nei discendenti degli schiavi
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (Ptsd) consegue all’esposizione diretta o indiretta a eventi traumatici estremi quali attacchi terroristici, guerre, catastrofi naturali oppure violenza sessuale o fisica, gravi malattie, incidenti automobilistici, rapine. Si tratta di un disturbo che affonda le radici nel mito. Infatti viene già descritto negli eroi omerici. Ma l’archetipo del veterano è Eracle che, reduce dalle dodici fatiche, non sa adattarsi a una realtà che è comune per noi, ma si rivela «altra e aliena» per lui, estraniato dalla «dissociazione post-traumatica» e ossessionato dalle sue fantasie belliche. Le prime descrizioni scientifiche della «nevrosi da guerra» riguardano reduci della Grande Guerra.
Ma fu quella del Vietnam a dare un importante impulso alla ricerca: il sistema sanitario Usa si trovò a metà anni ‘70 totalmente impreparato di fronte a 700 mila veterani che richiedevano qualche forma di assistenza che lenisse gli esiti psicopatologici di un conflitto interminabile caratterizzato da attività terroristica e di guerriglia. Negli ultimi anni la ricerca ha evidenziato che le esperienze traumatiche possono essere trasmesse per via «epigenetica» alle generazioni successive, inducendo modifiche molecolari stabili nel Dna. Secondo il modello di Trauma Storico, eventi traumatici estremi e prolungati possono determinare un forte disagio emotivo e psicologico, interferendo con l’intero corso di vita di una famiglia o di un gruppo culturale, e diventando intergenerazionale.
Nel 2005 Joy DeGruy ha ripreso il concetto con la Sindrome Post-Traumatica dello Schiavo. Riferendosi alla comunità afroamericana, l’autrice ha descritto un modello di comportamenti, credenze e azioni determinato dal trauma multigenerazionale, risultante da secoli di schiavitù. Sin dall’era del colonialismo, l’oppressione continua e il razzismo istituzionalizzato avrebbero favorito lo sviluppo di un disturbo mentale caratterizzato da bassa autostima, disperazione, sentimenti autodistruttivi, rabbia e aggressività, nonché razzismo internalizzato – autostigma – che porta all’avversione verso il proprio gruppo di appartenenza e le sue usanze.
La letteratura scientifica si sta concentrando su possibili traiettorie psicobiografiche non patologiche come reazioni al trauma alternative al Ptsd. Un contesto culturale e ambientale favorevole, un supporto sociale valido e risorse personali che promuovono abilità di gestione positive possono infatti favorire, oltre la resilienza, perfino lo sviluppo di una crescita post-traumatica, definita come un insieme di cambiamenti psicologici positivi sperimentati a seguito della lotta con traumi o situazioni estremamente coinvolgenti. LE ESPERIENZE TRAUMATICHE POSSONO ESSERE TRASMESSE ALLE GENERAZIONI SUCCESSIVE